E' tempo di migrare, di andarsene, di desistere…
O di votare, chissà. Chiudono le feste dei partiti e si aprono le scuole, in perfetta sincronia. Torniamo a lavorare sotto l’incerto sole di settembre, ma questo autunno sarà infuocato, dalle fabbriche agli uffici, dalla scuola alla sanità.
Dall'inizio di questa legislatura abbiamo visto di tutto. Dalle costole dei due maggiori partiti italiani sono nate due nuove formazioni, l’Api di Rutelli e Fli di Fini. Il primo all’opposizione, il secondo pure ma restando dentro al governo. Il governo e il premier non sono stati mai così deboli, eppure l’opposizione non scende ancora in piazza. E dire che di che protestare ce ne sarebbe d’avanzo, dal caso Pomigliano alla disdetta di Federmeccanica, dalla riforma Gelmini alla sicurezza sul lavoro, fino alle cricche ancora impunite, passando dal Cesare delle intercettazioni, che poi era Berlusconi e non altri, i carabinieri avevano visto giusto, nonostante le barzellette sul loro conto. La Lega che punta in continuazione su una roulette impazzita, una volta sul rosso e subito dopo sul nero, adeguandosi alle scalmane del premier pigliatutto. Altro che Roma ladrona, questa è Lega magnona e servona, ampolle e folklore a parte. Ma che vuol dire tutto questo?
Il risultato è che la gente salta ormai a piè pari la prima pagina dei quotidiani e va alla pagina sportiva. Anche qui trova una certa confusione, con le provinciali che prendono a schiaffi le squadre miliardarie, ma almeno è solo calcio. Manca il sogno che possa curare la depressione di una crisi troppo lunga, manca il senso di essere qualcosa di più di un insieme di singoli abbandonati a se stessi, manca la voglia di dire a noi stessi e all’Europa che sì, siamo italiani e ne siamo fieri, perché sapremo cacciare mercanti e furbetti dal tempio della democrazia e i nostri figli conosceranno finalmente l’età dell’oro.
Il brutto è che lentamente, lascivamente prenda piede la convinzione che ci sia una super cricca ancora più vasta e potente delle precedenti, che ha messo in scena una fiction per addormentare il popolo dei senza nome. Una criccona dai mille volti come la mitica medusa, e anche dalle mille ideologie, che si muove, si muove ma poi alla fine resta sempre lì, bene abbarbicata al potere, quale che sia. Se questa convinzione, se questa febbre si fa strada i prossimi risultati elettorali potrebbero premiare novelli campioni dell’antipolitica ancora più populisti e dispotici dei precedenti.
Per questo, insisto, servono le primarie VERE, e presto. Bersani auspica un “grande risveglio italiano” e dice che le primarie servono, ma prima ancora servono i programmi. Benissimo, anzi, no, scusa Bersani. Perchè il grande risveglio deve essere della politica soprattutto, dal momentio che il popolo italiano è sveglio da un pezzo, guai ad addormentarsi quando ti tolgono anche il pane quotidiano.
E le primarie, poi : perché non fare in modo che portino al suffragio universale non solo dei nomi e dei volti, ma anche e prima di tutto delle istanze popolari di cui quei volti, quei nomi vogliono farsi carico? Perché i partiti non fanno un passo indietro una volta tanto e si consente al paese di scrivere l’agenda delle vere emergenze, chiamando chi si candida a rispondere subito nel concreto, all’atto stesso della candidatura, con delle risposte circostanziate ai problemi e non solo con slogan ?
Ricordo, millenni fa, che nel partito in cui militavo, in fase congressuale si definivano due o più mozioni, attorno alle quali si costruiva un vero e proprio programma e una squadra. Perché non farlo con le primarie di coalizione, visto che c’è da ricostruire un paese e indiscutibilmente, che si parli di nuovo Ulivo o di coalizione allargata al centro, le ricette per il lavoro, il welfare, la scuola, l’ambiente, etc saranno indubbiamente più di una?
Questo sarebbe davvero NUOVO. Far parlare le idee, le intenzioni, le necessità della gente, che voterebbe questa o quella ricetta insieme a questo o quel nominativo, indipendentemente dai partiti di riferimento, dalle ideologie, dalle bandiere. Questo era lo spirito dell’Ulivo del 96, l’unico finora davvero vincente perché nato direttamente dal popolo. Ma quell’ulivo i partiti lo misero sotto chiave il giorno appresso alla vittoria elettorale, andando incontro alla catastrofe. Pensiamo a qualcosa di davvero nuovo, e non a un PD che sta alla finestra (ulivo stretto; ulivo corto… ricordate ?).
Non sto qui a tirare la volata a nessuno, ma dico : muoviamoci ora. L’avversario è alle corde, abbiamo il dovere di mostrare il re nudo. Altrimenti saremo complici. Come in un brutto sogno, mi tornano alla memoria le parole di Violante, durante il governo Berlusconi precedente – il 2003, ma forse mi sbaglio – quando ricordava al premier un patto di non belligeranza. Attenzione che poi la gente alla supercricca finisce per crederci davvero.
Stefano Olivieri
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