Stiamo giocando col fuoco cari miei. Villari che fa il giapponese nell’isola dei comprati, Berlusconi che fa cucù alla Merkel, i pizzini a Bocchino, la Rai o non la Rai, la Cai e l’alitalia, Dalema e La Torre, le veline e Vespa. Ma se invece della tv aprite la finestra sentirete il vento che già soffia gelido e cattivo. La burrasca è arrivata e travolgerà tutta la povera gente, quella che non ha mai avuto voce se non quando la pietas televisiva ha deciso che sì, in quel momento ci stava bene la faccia in tv di un padre di famiglia che piange, o le urla di una madre che vuole difendere i suoi figli dalla miseria.
Ditemi un po’, ma che senso ha sbrodolarsi addosso questa politica televisiva fatta di frasi smozzicate, di affermazioni e smentite, di povericristi dati in pasto a giornalisti che fanno i politici e a politici che fanno i giornalisti, di piazze televisive collegate con un paese che assomiglia sempre più al terzo mondo. Che senso ha gridare al tiranno, al regime se poi quando ti levano il microfono ti ricomponi buono buono sulla tua poltroncina aspettando la prossima inquadratura ? Ma il PD degli eletti, lo sa che le chiacchiere stanno a zero, che qui i soldi sono proprio finiti ? Lo sa che le famiglie sono strozzate dai debiti, dai bancomat che non si possono più usare, dal credito al consumo che comincia a consumarti lui se non hai da pagarlo ? Lo sanno i nostri rappresentanti che uno che diventa povero da un giorno all’altro non sa da dove cominciare, se vendersi prima l’auto o tagliare perfino sul pane quotidiano ? Voi parlate di aspettare cinque anni, ma qui c’è gente che non aspetterà neanche cinque mesi, e non per scendere in piazza, non so se ci siamo capiti. L’unico, devo dire purtroppo l’unico è Epifani ad avvertire del tremendo pericolo, della catastrofe che sta per sommergerci. Ma il resto dell’opposizione, il resto della sinistra dov’è? Nel PD pare sia arrivata la notte dei lunghi coltelli, nella sinistra extraparlamentare stanno ancora cercando un nuovo modo per suicidarsi collettivamente, e intanto il tempo passa inesorabile sulle nostre speranze, sulla nostra rabbia che si incattivisce e fra breve non riconoscerà più nulla e nessuno, tutti nemici, ma nemici sul serio.
Dite un po’, ma avete la minima idea di che cosa può significare uno scontro sociale non ideologico, che nasce dalla volgare fame ? Avete idea di che cosa può fare un padre che non ha più il coraggio di guardare in faccia moglie e figli perché la loro esistenza si va degradando giorno dopo giorno ? Non sto parlando del piumino alla moda che non si può comprare, del week end che si rimanda o di altre piacevolezze simili, sto parlando della VITA QUOTIDIANA, dei soldi per i libri che servono, del macinato di secondo taglio che già costa troppo, del pesce che ormai non si può più nemmeno avvicinare per i prezzi che ha. Voi vi stupirete, direte che non è vero, che basta girare un po’ e si trova, ecco perché potete aspettare cinque anni, comodi comodi.
Qui a poverandia abbiamo finito di aspettare. Presto i blog della povera gente si spegneranno uno ad uno come i lumicini al cimitero, e la protesta si ingrotterà rancorosa per qualche tempo, disillusa dai media e dalla politica. Ma il disagio clandestino degli esclusi è quanto di più alieno da se possa produrre una democrazia, guai a sottovalutarne l’impatto. Il mio randagetto si è ammalato e l’unica cura è costituita da croccantini carissimi. Ma nel fare le buste a inizio mese, in famiglia non si è battuto ciglio, c’è una bustina anche per lui, sarà una fetta di carne di meno a testa, io poi devo anche dimagrire. Solidarietà, fra gli esclusi, è una esigenza di sopravvivenza, non una virtù, e per questo alla fine vinceremo.
C’è un sapore strano e meraviglioso in questa nuova povertà di gente che non l’aveva mai provata prima. Ci si riconosce fra sconosciuti, mentre si rovista fra i panni di un mercato o si rimette a posto una bottiglia negli scaffali del discount, ci si guarda negli occhi senza abbassarli e perfino – credetemi - ci si sorride. E’ la dignità del popolo del fondo del pozzo, ne presidiamo insieme i confini ogni giorno accogliendo i nuovi arrivi, porgendo loro la mano, rassicurandoli che questa è davvero l’ultima fermata prima dell’inferno. Ma noi lì non vogliamo andarci, per ora. Continuiamo ad alzare la testa ogni tanto per guardare la luce lassù, per raccogliere frammenti di voci indistinte sperando che qualcuno prima o poi ci lanci una corda e ci dica che è ora, che si va tutti insieme a cacciare il tiranno. Cari nostri rappresentanti, cari eletti prescelti e preselezionati, per fare davvero il vostro lavoro oggi dovreste sporcarvi un po’ le mani con la nostra povertà, dovreste assaporarla un attimo almeno, e poi se avete un oncia di giudizio dovreste lanciarci una corda subito. Ma non fateci aspettare troppo, qui sotto a furia di buttar giù povera gente si comincia a star stretti e se non arriva nessuno a porgerci una mano saliremo da soli, ammasseremo le pietre fredde della nostra coscienza politica che avete fatto annegare nella vostra indifferenza e arriveremo su tutti insieme, e a quel punto vi conviene farvi da parte perché faremo da soli. Questo paese è anche nostro, non dimenticatelo, e ce lo riprenderemo.
stefano olivieri
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