Vengo dalla sinistra e ho votato per il PD, ma da democratico non può non starmi a cuore che la sinistra ritrovi la sua strada, avviando un percorso di maturazione che privilegi le necessità del paese rispetto alle spinte identitarie. Perchè di questo ha bisogno il paese, e ne ha bisogno anche il PD con cui la sinistra dovrà obbligatoriamente tornare a confrontarsi, se vogliamo riprenderci il paese. Per questo ecco due o tre mie idee per riunire l’Italia che sta a sinistra e creare così un nuovo utile partner di riferimento per il partito democratico. Forse meglio più che bozze di idee, dovrei parlare però di regole. Perché il dibattito a sinistra da aprile scorso in poi ( ma anche da molto prima, altrimenti non sarebbe mai nata la patacca della sinistra arcobaleno) di tutto si è interessato tranne che delle regole, quelle che dovrebbero essere riconosciute da tutti, che dovrebbero essere immuni da critiche perché condivise, che dovrebbero infine costituire una risorsa e non un impaccio quando sia presente una forte volontà comune di aggregarsi, di fare squadra, di riconoscersi cittadini di un territorio di valori condivisi.
La prima regola, sempre fin qui disattesa per quanto ovvia, è che le regole, quali che siano per la creazione di una nuova organizzazione politica, vanno scelte veramente a maggioranza.
Il PD lo ha gia fatto con le primarie, ma per la verità soltanto in parte, con la giustificazione del poco tempo a disposizione per via delle elezioni incombenti. Ma la condivisione delle regole è indispensabile, e la sinistra può affrontare oggi il problema con più calma. Va cioè spalmata su un universo quanto più vasto e consapevole possibile la responsabilità di decidere i meccanismi di delega e rappresentanza, attraverso i quali far filtrare non solo le nuove personalità della sinistra, ma anche le linee di guida politica sulle quali la base intende impegnare i propri rappresentanti. Per dirne una, se il partito che nascerà dovrà darsi come prioritari ohiettivi di governo ovvero soltanto il presidio, costi quel che costi, anche restare all’opposizione, di quel territorio di valori riconosciuti da tutti come irrinunciabili. E poiché l’obiettivo è quello di crescere aggregando realtà (partiti) diverse anche se simili, può essere un buon criterio quello di un suffragio universale della sinistra ( con il metodo delle primarie) cpn diverse mozioni congressuali all’interno delle quali possano riconoscersi liste di candidature provenienti liberamente dalla società civile come dagli ex partiti di provenienza, senza alcuna discriminazione e senza nessun privilegio per l’una o l’altra tipologia. Ciascuna mozione conterrà al suo interno, per semplificare la fase postcongressuale, anche la proposta del nuovo nome da dare al partito e del modello di dirigenza previsto. Dipendesse da me ad esempio io casserei dal nome del partito perfino la parola “sinistra”, che finora pare abbia troppi padri e troppo pochi figli. Per ciò che riguarda le liste, ciascuna di esse, e all’interno delle liste ciascun candidato motiverà agli elettori le ragioni della adesione alla mozione di riferimento, arricchendola in questo modo di ulteriori contenuti e obiettivi. Alla fine si conteranno i voti e si avrà un partito nuovo e un nuovo segretario, come democrazia pretende.
Seconda regola : fare un partito aperto.
I fortini sono fatti apposta per essere espugnati, oppure abbandonati prima della battaglia ( ed è quel che è avvenuto alle ultime elezioni politiche). Il paese è scivolato nel disagio profondo e male accetterà che prima di una mano che lo tiri su, gli si porga una bandiera da stringere, perchè l’Italia post ideologica ha le ossa rotte e sta vivendo una vera emergenza umanitaria. In più va considerato che c’è un plotone, naturalmente non maggioritario ma comunque agguerrito e pugnace, costituito da quanti ( circa il 30 %) da sinistra hanno votato partito democratico, e attendono con ansia e interesse che la sinistra completi il suo percorso di rinascita non tanto per ritornarci, quanto per riaprire con essa un dialogo interrotto. Perché lo scambio possa finalmente riprendere fra due aree che oggi, obiettivamente, avrebbero molti più punti di convergenza che di diversità, nel deserto di diritti che sta creando Berlusconi. E’ sincero interesse del PD avere a sinistra un partner affidabile per quota di consensi raccolti e obiettivi dichiarati, e non può non essere interesse di una sinistra finalmente unita riprendere il dialogo con un partito che è oggi il maggiore in Italia e con il quale si sono già condivise esperienze di governo. Fare della sinistra un partito aperto può significare anche questo, creare un territorio comune con il PD, una sorta di area smilitarizzata dall’ideologia, in cui sperimentare riflessioni e progetti comuni, che possano e anzi debbano arricchirsi di contributi dall’una e dall’altra parte, senza timore che ciò possa comportare spostamento di consensi, travasi di voti o quant’altro. Un partito aperto che sappia guardare in faccia la realtà di un Italia che cambia, dove se da una parte si allarga nel campo del lavoro la fetta dei precari senza tutele, particolarmente sensibili ai temi della solidarietà sociale e della condivisione tipici della sinistra, dall’altra c’è un universo sempre più vasto di pensionati ( 20 milioni di voti, la vera maggioranza del paese) che proprio in periodo di crisi tende a diventare conservatore dei diritti acquisiti, a parte la fascia consistente di quelle posizioni ( pensionati sociali; disabili; pensionati al minimo; etc) oggi drammaticamente al di sotto della soglia di sussistenza. Comunque sia, i pensionati sono oggi il vero moloch elettorale, chi li tocca muore, stanti gli attuali meccanismi (una sola coperta sociale, troppo corta per pensionati e lavoratori attivi). Equilibrare una propria proposta di welfare che sappia riflettere le esigenze delle fasce più deboli del paese e al tempo stesso risulti gratificante in termini di consensi al partito sarà probabilmente la prima grande sfida che il nuovo partito della sinistra unità dovrà sapere affrontare a viso aperto. Occorre far capire al paese intero che la storia dell’unica coperta disponibile fra lavoratori dipendenti e pensionati non può più essere un postulato di fede in un paese dove la forbice fra ricchi e poveri ha raggiunto dimensioni inaccettabili, e dunque si pone oggi, nell’interesse delle aspettative delle giovani generazioni come nella tutela dei sacrosanti diritti degli anziani, la necessità di nuovi meccanismi per approviggionare di risorse economiche uno stato sociale che non va impoverito ma anzi alimentato di più se vogliamo davvero allinearci alla media europea. E queste risorse non potranno che provenire dalla maggiore tassazione ad esempio di quei profitti improduttivi per la collettività – guarda caso sempre protetti dai governi Berlusconi - i cui giochi sporchi sono per altro i primi responsabili della crisi planetaria che ha coinvolto anche il nostro paese. Bisognerà avere il coraggio di fare una sfida nuova al paese, che possa riconsiderare in un complessivo riordino di responsabilità e di equilibri nel mondo produttivo e finanziario, insieme alla restituzione di valore ai primitivi veri core business delle imprese italiane superstiti al ciclone, anche una nuova metodica di solidarietà sociale da applicare fra imprese ed operai come fra lo Stato e i suoi contribuenti, che siano cittadini attivi o pensionati. La solidarietà non può essere elemosina, va piuttosto normata per legge e poi fatta rispettare nell’interesse di tutti. Di questo e di altro è bene che la sinistra finalmente unita discuta, al suo interno come verso il PD, ripeto, senza retro pensieri : passaggi di cittadini da sinistra al PD e dal PD a sinistra ci sono stati e sempre ci saranno, perché in questo nuovo quadro di equilibri questo fenomeno diventerà fisiologico, ma quel che più conta è lavorare per allargare il confine di questo confronto nel centro sinistra, renderlo davvero popolare e non ristretto alle nomenclature, per tornare a riconquistare quei quattro milioni e passa di voti che nelle ultime elezioni sono stati ceduti a destra.
Terza regola : fare presto.
Per il paese, soltanto per il paese. Tornare a commettere gli errori passati e raffazzonare un qualsiasi cartello elettorale soltanto per mettere una bandierina al parlamento europeo può rivelarsi esiziale in questo momento, e causare nuove emorragie di voti, magari in direzione del PDL. E’ invece importante presidiare il paese, riconquistare un dialogo con i lavoratori e le loro famiglie a prescindere da una specifica emergenza elettorale, infondere fiducia e interesse per la politica attraverso una attenzione e un ascolto sinceri dei problemi di ciascuno. L’essere fuori dal parlamento, se da una parte costituisce un grave handicap di rappresentatività istituzionale, dall’altra può sedare in fase d’approccio la diffidenza di quella fetta di popolazione ormai marginalizzata e senza voce, alla quale la politica di palazzo non riesce più a rivolgersi se non in termini di puro scambio clientelare. Ed è anzi proprio in queste aree particolarmente depresse del paese, le stesse che grazie al voto di scambio sovente diventano sotto elezioni il granaio della destra, che dovrebbe essere concentrata l’attività sociale del nuovo partito, è proprio fra i cittadini traditi dalle promesse di Berlusconi che una sinistra finalmente unita e responsabile potrebbe attecchire. Può sembrare un paradosso ciò che sto dicendo, stante il fatto che il PD ha allargato i suoi consensi soprattutto a spese della sinistra, ma non lo è, perché a sinistra non ci sarebbero i problemi di compatibilità strategica delle scelte politiche ( a causa delle diverse anime esistenti al suo interno, vedere ad esempio il caso Villari o La Torre) che vive invece il PD, anche nel merito delle tante aspettative andate deluse dal governo in carica in particolare al sud. Potrebbe insomma configurarsi nell’area di centro sinistra – mi si passi il termine che pure ricorda la monnezza – una sorta di raccolta differenziata dei consensi, che porterebbe a un consolidamento della sinistra e a una contemporanea erosione di consensi verso Berlusconi. Perché alla fine dei giochi è sempre ancora lui l’uomo da battere prima di tutto, se si vuole tornare ad un paese civile e democratico. E per farlo sarà comunque necessario confrontarsi con il PD, e sarebbe auspicabile presentarsi a questo confronto forti anche di una rappresentatività sociale riconquistata proprio in quei territori dove il PD stesso ha mostrato visibili difficoltà di penetrazione. Infine : una sinistra forte che imponga il dialogo al PD riuscirà a frenare significativamente quella deriva moderata che proprio la sinistra oggi rimprovera al partito democratico, ma senza far nulla di concreto per arginarla.
E’ un percorso impegnativo ma niente affatto impossibile. Io sono convinto che la Sinistra diffusa nel paese sente questo impegno verso il paese assolutamente come prioritario, prima di qualsiasi desiderio di (ri)affermazioni identitarie che oggi non hanno prodotto altro effetto che dividere, anziché unire. L’Italia è in movimento, e questo movimento deve diventare il connotato distintivo di questa nuova responsabile sfida. Una sfida da vincere insieme al PD, per il bene del paese.
Stefano Olivieri
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